SANTO SPIRITO – FERRARA

In origine il complesso religioso di Santo Spirito, sede dei frati Minori Francescani Osservanti, si trovava, fin dal XIII secolo, nell’antico Borgo della Pioppa, in prossimità dell’attuale Parco del Montagnone.
L’antica chiesa e l’annesso convento furono ampliati prima per ordine del marchese Nicolò III d’Este nel 1407 poi alla fine del XV secolo con l’intervento dell’architetto di corte Biagio Rossetti. 

Nel 1512, essendo Ferrara esposta agli attacchi del papa e dei veneziani, si rese necessario per motivi militari l’ammodernamento delle difese del settore a sud-est della città, attraverso la costruzione degli attuali baluardi di San Tommaso, della Montagna (o del Montagnone) e di San Giorgio. A causa di ciò il duca Alfonso I d’Este ordinò, tra l’altro, la demolizione della chiesa e del convento dei frati, edifici che occupavano un’area piuttosto vasta della zona oggetto dei lavori di fortificazione. 

Ai frati francescani, come risarcimento per la perdita del prestigioso complesso, venne subito concesso dagli Estensi un terreno nella Terranova (poi denominata Addizione Erculea), sul quale sorgevano già alcune piccole abitazioni. Poco dopo, nel 1516, i religiosi acquistarono un’altra casa nelle immediate adiacenze, dove adesso sorge l’abside del tempio. 

Secondo Zerbinati, cronista dell’epoca, il 28 luglio 1519 Alfonso I, con la posa della prima pietra, diede inizio all’edificazione del convento e della nuova chiesa di Santo Spirito, che egli voleva fosse grandiosa. Da una cronaca manoscritta del 1616 si apprende che la costruzione della chiesa iniziò in realtà a partire dal 1530. 

La nuova chiesa ed il nuovo convento destinati all’ordine dei Frati Minori erano stati concepiti dal duca Alfonso I d’Este con criteri di grandiosità, ma, a partire dalla sua morte nel 1534, la costruzione andò a rilento ed ebbe frequenti interruzioni. Le fonti sono unanimi nel dire che il progetto ideato da Alfonso fu prima ridotto, poi mai portato a compimento. 

A causa dei danni arrecati dal terremoto del 1570, che atterrò la chiesa quasi completamente ad esclusione dei soli muri perimetrali, fu necessario intervenire con importanti opere che diedero alla costruzione le linee attuali e che comportarono anche la riduzione planimetrica in senso longitudinale del progetto originario (tre navate della chiesa si prolungavano in quella fase costruttiva fino a circa la metà dell’attuale piazzale). 

Nella ricostruzione post-terremoto si passò dall’antico progetto con pianta a croce latina dotato di tre navate, transetto ed abside semicircolare, del cui progettista non si hanno notizie, ad un impianto a croce greca, conservando i muri perimetrali dell’abside, del transetto e di una parte delle navate.

Dai documenti si evince che il grande refettorio posto al pianterreno del corpo est del convento (il primo lato ad essere completato), alla cui parete di fondo era stata affrescata l’”Ultima cena” da Benvenuto Tisi da Garofalo nel 1544, non subì danni significativi a causa del sisma.
La costruzione proseguì anche nel XVII secolo, tanto che l’elegante facciata della chiesa fu terminata soltanto nel 1630.

La costruzione dell’organo monumentale era avvenuta nel 1608.

Nel 1652 venne ultimato l’altare di S. Antonio da Padova, nel 1655 quello di S.Matteo
Il tempio venne finalmente consacrato il 13 febbraio 1656 dal cardinale Carlo Pio, che fu vescovo di Ferrara dal 1655 al 1663. Tale avvenimento, tanto atteso dai fedeli e dai religiosi, è ricordato dalla lapide collocata sopra l’entrata principale del tempio.
Anche della versione definitiva del progetto non si conosce l’autore. Giorgio Padovani avanzò l’ipotesi del carpigiano Galasso Alghisi, architetto ducale morto nel 1573. 

Secondo Eligio Mari il progetto di questa chiesa “di semplici e disadorne forme” è invece da attribuire “all’opera di qualche frate francescano”.
Nel 1785 fu pagato per l’esecuzione del pulpito l’ebanista Antonio Simoni.
Nel 1790 furono rifatti tutti i finestroni della chiesa. 

Agli inizi del Seicento i lavori coinvolsero anche l’adiacente convento, che fu ampliato utilizzando pietre, marmi, colonne, una scala a chiocciola (collocata nel 1604) ed altri elementi architettonici provenienti dalla distrutta delizia estense di Belvedere, “delizia” costruita per volere di Alfonso I d’Este a partire dal 1516 sull’isola omonima, purtroppo completamente perduta a seguito della realizzazione della seicentesca Fortezza pontificia a sud-ovest della città (1608-18). 

Il lato est del convento era stato completato, come si è detto, per primo. Nel 1601 una lapide attesta che furono ultimati i lavori del braccio sud, adiacente la chiesa. Il lato ovest del convento fu costruito dal 1616 al 1619. Il lato nord ed il chiostro furono invece completati nel 1642.
A testimoniare l’importanza del complesso religioso documenti attestano che nel 1650 il convento ospitava 24 sacerdoti, 13 fratelli laici, 7 chierici studenti e manteneva due lettori di teologia e uno di arti e che, inoltre, era presente una libreria e una scuola di lettura. 

Proprio tra Seicento e Settecento chiesa e convento di Santo Spirito vissero il periodo di maggiore splendore, arricchendosi di decorazioni e preziose opere d’arte, molte purtroppo disperse o trasferite nel tempo.

Ancora presenti nella chiesa, tra le altre, opere di Domenico Monio, Francesco Costanzo Cattaneo, Giovanni Andrea Ghirardoni, Andrea Ferreri, Giovanni Vangembes, Domenico Parolini e un interessante “Ecce Homo” in terracotta di ignoto scultore rinascimentale.. 

Si hanno notizie di lesioni alla chiesa a causa del terremoto del 1796.
Nel 1803-04 Antonio Foschini progettò e diresse opere di consolidamento, soprattutto nelle coperture. Così descrive Padre Teodosio Lombardi, in base ai documenti, gli interventi del Foschini: “Nel coro corse ai ripari completando le capriate con catene in ferro, dove era possibile, ed appoggiando travi in tutti i sensi degli sforzi onde ripartire il carico il più vicino possibile all’imposta delle capriate, e rifacendo in arelle, un metro più in basso, il soffitto dell’abside che prima era in mattoni. Nella navata centrale, poiché le travi originariamente poggiavano sul centro degli archi in muratura, provvide anzitutto a creare una armatura provvisoria all’intradosso degli archi stessi per evitare un crollo immediato e da quella potersi muovere liberamente nell’impegno dei lavori sovrastanti e a largo raggio. Infatti, per impedire che il grande peso della cupola continuasse a premere sui due grandi archi centrali, impostò una successione decrescente di incavallature di grosse travi, sistemate tangenzialmente alla stessa cupola e ai quattro pilastroni. Indi ricostruì gli archi suddetti in muratura.”
A seguito delle soppressioni napoleoniche di fine Settecento i frati furono espulsi dal convento, che nel 1810 venne adibito a caserma. Solo nel 1816 i religiosi poterono ritornare in Santo Spirito.

Una nuova fase di lavori alla chiesa fu necessaria nel periodo 1830-45 sotto la direzione dell’ing. Giovanni Tosi. Padre Francesco Maria Smiderle da Schio diede testimonianza scritta della caduta, il 15 marzo 1830, di qualche mattone e “travicelli sull’incanucchiata” nella zona del coro. Nell’aprile dello stesso anno crollò parte del tetto e nel crollo andarono irrimediabilmente perdute le residue decorazioni dei soffitti.
L’opera di ripristino dei soffitti, della cupola e dell’intonaco alle pareti sopra la trabeazione ebbero inizio il primo giugno 1830, “per commissione del Comune” e si protrassero fino al 27 luglio 1845.
Gran parte delle decorazioni rimaste, cioè dal cornicione in giù, scomparvero invece tra il 1875 e il 1878, quando fu tinteggiato tutto l’interno del tempio e vennero ridipinti gli altari, con l’intento di donare nuovo decoro all’edificio di culto, che intanto, nel 1870, aveva assunto il titolo di parrocchia. Dopo l’unità d’Italia, a seguito della legge relativa alla soppressione degli istituti religiosi, la proprietà del convento di Santo Spirito venne trasferita al Demanio e i frati nel 1870 dovettero di nuovo lasciare il convento che fu prima alienato all’asta ad un privato e poi alla Banca di Ferrara che in seguito ne rivendette parte di nuovo ai Frati Minori Osservanti. 

Nel 1875 fu rifatta completamente la cappella del Santissimo Sacramento, su disegno di Padre Angelo Ragazzi di Ferrara.
La pavimentazione della chiesa fu rifatta in mattonelle dall’ottobre 1876 al febbraio 1878, ricoprendo tutte le lapidi presenti nella precedente pavimentazione, della cui presenza si ha riferimento nella pianta del Barotti.
Da una lettera di padre Carlo Tedeschi, nell’aprile del 1943, si ha notizia del crollo parziale e poi del rifacimento di circa 200 metri quadri di soffitto nella zona del presbiterio.
Negli anni sessanta del novecento furono eseguite opere dal Genio Civile per cercare di porre rimedio a dissesti strutturali in alcuni archi e nelle coperture. In questa occasione furono rifatti i soffitti della cupola centrale e della cappella dell’Immacolata. 

Nel 1992 si iniziò il restauro delle coperture con le falde sopra la cupola centrale e sulla cappella di S.Francesco.
Tra il 1994 e il 1996 l’interno della chiesa è stato oggetto di importanti lavori di manutenzione diretti dall’architetto Andrea Malacarne che hanno, tra l’altro, riportato alla luce le decorazioni residue della cappella di S. Francesco e ridonato all’architettura dell’interno, con il ritorno ad una cromia prossima all’ originaria, un corretto rapporto con la luce naturale. L’intervento fu inoltre l’occasione per la ripresa di lesioni nelle murature e per la verifica dell’attacco dei soffitti in arella alla struttura lignea soprastante.
Nel 2004-2005 secondo stralcio di manutenzione delle coperture, con completamento del lato sud, compresa la cappella del SS. Sacramento.
Gran parte del convento fu acquistata nel 1911 da privati. A partire dal 1943 alcune sue parti furono ristrutturate e trasformate in appartamenti, mentre altri ambienti claustrali vennero occupati da sfollati nel secondo dopoguerra.
Negli anni Ottanta del Novecento tre lati del convento (ad eccezione dell’ala est, di proprietà in parte dei Frati Minori e in parte del demanio, rimasta all’originaria funzione), furono oggetto di intervento di recupero e di restauro, con progetto dell’architetto Giulio Zappaterra, da parte del consorzio cooperative di abitazione (Cicab) per destinarli ad uso pubblico (servizi universitari e residenze per studenti). 

Il completamento di tale progetto, riguardante l’ala nord, è stato finanziato attraverso la legge n. 270 /1997 con i fondi relativi al Giubileo del 2000. Il suggestivo chiostro (con accesso da Vicolo Santo Spirito) è stato pertanto restaurato pressoché interamente ed è attualmente sede dell’Istituto di Storia Contemporanea e di alloggi per studenti universitari. 

La chiesa, resa inagibile dal sisma del maggio 2012, è tuttora chiusa al culto ed al pubblico. 

Bibliografia 

Testo fondamentale per la storia di S. Spirito è “I Francescani a Ferrara – vol. II – Il convento e la chiesa di Santo Spirito dei Frati Minori” di Padre Teodosio Lombardi, Bologna 1974 che contiene esauriente bibliografia e riferimenti archivistici e documentari.
Inoltre: 

M.A. GUARINI, Compendio Historico dell’origine, accrescimento e prerogative delle Chiese e Luoghi Pij della Città, e Diocesi di Ferrara, Ferrara 1621, pp. 345-358;
BORSETTI, Supplemento al Compendio Historico del Signor Marc’Antonio Guarini Ferrarese, Ferrara 1670, pp. 205-215;
G.A. SCALABRINI, Memorie istoriche delle chiese di Ferrara e de’ suoi borghi, Ferrara 1773, pp.155-161; F. AVVENTI, Il Servitore di Piazza, Guida per Ferrara, Ferrara 1838;
A. FRIZZI, Memorie per la storia di Ferrara, Ferrara 1848, Vol. III p. 453; Vol. IV pp.266;
G. MELCHIORRI, Nomenclatura ed etimologia delle Piazze e delle Strade di Ferrara. Ferrara 1891 (ristampa 1918), p.129;
G. MEDRI, Ferrara brevemente illustrata nei suoi principali monumenti, Ferrara 1933, pp.158-160;
A. MEZZETTI – E. MATTALIANO, Indice ragionato delle “Vite de’ pittori e scultori ferraresi” di Gerolamo Baruffaldi, Bergamo 1981, Vol. II pp. 113-115;
C. BRISIGHELLA, Descrizione delle pitture e sculture della città di Ferrara (sec. XVIII), prima ed. a stampa a cura di M.A. Novelli, Ferrara 1991, pp.458-463;
B. GIOVANNUCCI VIGI, Chiesa e convento di Santo Spirito, “Chiese palazzi musei”, Bologna 1991, pp.55;
L. CHIAPPINI, Chiese e monasteri medioevali. S. Spirito, ”Guida tematica di Ferrara e Provincia”, Milano 1995, p. 29;
C. BRISIGHELLA, Descrizione delle pitture e sculture della città di Ferrara (sec. XVIII), prima ed. a stampa a cura di M.A. Novelli, Ferrara 1991, pp.458-463;
A. MALACARNE. Il restauro dell’interno della chiesa di S. Spirito in via Montebello, “Bollettino della Ferrariae Decus”, n.12, Ferrara1997, pp. 41-43;
A. GUZZON – P. POGGIPOLLINI (a cura di), “Santo Spirito”, in Chiese e monasteri di Ferrara, Devozione storia arte di una città della fede, Ferrara 2000, pp.189-192;
U.T.E.C.O. (a cura di), “Ex convento di S. Spirito, ricerche storiche, sintesi delle principali trasformazioni edilizie“, Ferrara 1981 (dattiloscritto);
G. P. ZERBINI, Santo Spirito, l’addio dei frati, “La Nuova Ferrara”, Cronaca di Ferrara, 30.08.2009, p. 13 

RELAZIONE STORICA A CURA DEGLI ARCHITETTI: arch. Beatrice Querzoli e arch. Andrea Malacarne

FOTOGRAFIE D’ARCHIVIO

SITUAZIONE POST-SISMA 2012